Estratto dal libro

La fotografia deve informare, deve essere il più possibile realistica, anche se essa stessa è finzione.
Il dovere del fotografo è catturare istanti.
Su questa terra noi non possiamo possedere nulla: quello che solo
possiamo possedere è la gioia. La fotografia serve per conservare la grande gioia, rende visibile il tempo che è invisibile. La fotografia è come un’amica sempre fedele che mi aiuta a superare i momenti di difficoltà e mi è sempre vicina quando sono felice.
Questo progetto è nato durante un viaggio a Udine. Passeggiando per il centro città entrai in una libreria e scoprii che al piano
superiore c’era una piccola mostra fotografica di un autore di cui
non rimembro il nome.
Salii le scale e incominciai a osservare scrupolosamente le piccole stampe.
Notai che non erano delle belle immagini, ma solo dopo capii che erano delle… Fotografie.

Come disse il grande maestro Gianni Berengo Gardin “C’è una bella differenza tra una fotografia e immagine: la prima deve
documentare la seconda invece può essere creativa, anche se non
necessariamente veritiera. Ecco perché mi piace parlare di etica
delle fotografie”.
L’esposizione fotografica era incentrata sul degrado della città di
Udine. Era un progetto personale del fotografo stesso, realizzato
interamente a pellicola in bianco nero. Mi rimase impresso
l’utilizzo del metodo analogico poiché ironicamente in quel periodo stavo passando dal digitale alla pellicola.
Volli allora realizzare lo stesso progetto sulla mia città, Chieri.
Passato un mese da quella visita alla mostra in Friuli-Venezia Giulia, presi la macchina fotografica di mio padre, caricai un rullino 24x36
e partii per fare le fotografie. La sera tornai a casa con 36 negativi da
sviluppare. Non avendo una camera oscura aspettai la notte e andai nello scantinato a caricare il rullino nella spirale per poi riporla nel tank e iniziare il processo di sviluppo in bagno.
Infine feci asciugare la pellicola in doccia e rimasi estasiato dal
risultato ottenuto e decisi di continuare.

I mesi successivi li passai a fotografare luoghi abbandonati, strade
distrutte, parchi giochi con a terra decine di bottiglie di alcolici.
Proprio mentre stavo fotografando quest’ultimo luogo incontrai un bambino di origine romena, ma nato in Italia, di nome Andreis che mi aiutò a comprendere che cosa non funzionasse in quel luogo e a scattare qualche fotografia per il mio progetto.
Parlammo assieme per qualche decina di minuti e infine scattai
qualche fotografia di un gioco con una bottiglia di birra per terra (pag. 105) e successivamente questo bambino prese la bottiglia e la gettò nel cestino, gesto che mi rimase impresso. Incontrai molta
gente durante questi due mesi che mi arricchì decisamente molto.
Quando pensai di aver concluso questo mio progetto, raccolsi
insieme gli scatti migliori, ma capii subito che mancava qualche cosa.
In seguito decisi di realizzare un libro diviso in due parti, i luoghi
degradati della città e i luoghi che rendono la città di una bellezza unica. Iniziai a metà ottobre a realizzare delle buone e belle foto a colori in digitale su Chieri. Le prime fotografie scattate erano banali
e quasi mi vergogno di averle fatte, ma successivamente iniziai a
creare una mia visione della mia città. Continuai per molto tempo a
scattare centinaia di foto. Quasi tutti i sabato e domenica mattina alle 7:00 partivo a piedi da casa mia e andavo a fotografare in mezzo ai campi imbiancati dalla brina a -5° oppure in città. Molti mi
chiesero perché lo facessi e risposi loro che lo facevo semplicemente perché mi rendeva libero.
Per questo progetto percorsi più di 230 km a piedi in soli tre mesi.
Come disse Ferdinando Scianna “le foto si fanno con i piedi”.
Infine impaginai le fotografie e quando terminai questo lavoro mi sentii un po’ più libero di quando l’avevo iniziato.